Nell’attribuirgli il Premio Nobel per la Chimica nel 2015, la Royal Swedish Academy of Sciences ha definito le scoperte di Tomas Lindhal una “cassetta degli attrezzi” per la riparazione del DNA. L’Accademia reale svedese ha infatti premiato lo scienziato per “gli studi meccanistici della riparazione del DNA” ovvero come le cellule, grazie agli enzimi, riparano le minuscole porzioni di DNA danneggiate quotidianamente, salvaguardando le informazioni genetiche.
Il professore svedese sarà ospite il 2 ottobre, alle 18, nell’Aula absidale di Santa Lucia per la preview dell’edizione 2018 del Festival della Scienza Medica che sarà dedicato al “Tempo della Cura”.

Ogni giorno il nostro DNA viene danneggiato da radiazioni ultraviolette, radicali liberi e altre sostanze cancerogene, ma anche senza attacchi esterni le molecole di DNA sono instabili, come ha scoperto Tomas Lindhal. A ripararle e a “rimetter ordine” ci pensano alcuni speciali enzimi che si attivano all’occorrenza.  È questa la scoperta che è valsa a Lindhal il Nobel e che, soprattutto, ha aperto la strada allo sviluppo di nuove cure per il cancro e le malattie genetiche rare. Ci sono molti enzimi coinvolti nei vari percorsi di riparazione: ogni enzima è un interessante punto di partenza per la ricerca di farmaci anti-tumorali. Lindahl stesso ha evidenziato che questi percorsi di riparazione possono essere considerati “un’arma a doppio taglio”, perché se le cellule normali li utilizzano per rimanere in buona salute, le cellule tumorali li usano per rimanere vive e ancor più aggressive. Ecco perché le nuove terapie anti-tumorali puntano ad influenzare i percorsi di riparazione di alcune cellule tumorali da parte di determinati enzimi.

Ad esempio uno dei tanti enzimi coinvolti nella riparazione del DNA si chiama PARP. La sua attività, in caso di mutazioni dei geni BRCA1 o BRCA2, favorisce lo sviluppo di cellule tumorali. Ora è possibile inibirlo con un nuovissimo farmaco (Olaparib), che ha ottenuto il 17 Agosto 2017 l’approvazione definitiva dalla Agenzia statunitense per il farmaco (FDA). La prima autorizzazione era stata ottenuta nel 2014. Per comprendere il potenziale patologico di questi due geni mutati basti pensare che i portatori femminili delle mutazioni BRCA sono cinque volte più soggetti a sviluppare il cancro al seno e hanno fino a trenta volte più probabilità di sviluppare il cancro ovarico.
Queste mutazioni sono divenute “popolari” quando, nel Maggio 2012, l’attrice hollywoodiana Angelina Jolie ha dichiarato pubblicamente di aver ereditato dalla madre (morta di cancro a 56 anni) una mutazione al gene «BRCA 1» e per questo ha svelato di essersi sottoposta ad un intervento preventivo di doppia mastectomia e di asportazione delle ovaie e delle tube di Falloppio per ridurre il rischio di ammalarsi di tumore…non esisteva ancora l’inibitore!

Questa notizia, che ha fatto il giro del mondo, ha portato ad una consapevolezza crescente tra le donne dell’esistenza di questo genere di mutazioni genetiche e ha visto aumentare sensibilmente la richiesta di test del DNA per verificare lo stato di BRCA. Tomas Lindahl ha spiegato che esistono probabilmente molte altre piccole molecole che potrebbero danneggiare il DNA, il che significa “che ci sono potenzialmente ancora molti enzimi di riparazione del DNA in attesa di essere scoperti”. E ognuno può essere considerato come una nuova speranza per i pazienti affetti da tumore.

“La ricerca del professor Lindahl – commenta Fabio Roversi Monaco, Presidente di Genus Bononiae – ha fornito conoscenze fondamentali sull’instabilità del DNA ed è oggi alla base di alcune nuove cure per il cancro. La sua visione, ovvero che il cancro diventerà in futuro una malattia ‘della vecchiaia’ come il diabete di tipo 2, curabile assumendo un farmaco, tende a rassicurarci e ci spinge a supportare i ricercatori, anche attraverso la divulgazione e la condivisione di conquiste spesso difficili da comunicare”.

Tomas Lindahl, 79 anni, laureato al Karolinska di Stoccolma ha insegnato Chimica e Fisiologia medica all’Università di Gothenburg dal 1978 al 1982. È professore emerito e direttore emerito del Centro per la Ricerca sul cancro britannico presso il Clare Hall Laboratory dell’Istituto Francis Crick a Londra.