Le etichette indipendenti sono un pezzo imprescindibile del mercato musicale e un possibile faro innovativo: queste le conclusioni del convegno ‘La discografia indipendente tra diritti, innovazione e rivoluzione digitale’, organizzato a Milano dall’associazione italiana PMI con l’ente europeo IMPALA – Independent Music Companies Association.
Il punto di partenza sono stati i dati del rapporto Worldwide Independent Network del 2015, che dimostrano l’impatto della musica indipendente, quantificabile in un giro d’affari di 5.6 miliardi di dollari (37,6% del mercato globale). Le label indie italiane rappresentano invece il 26% del mercato discografico nazionale, ma i numeri che contano non sono solo quelli finanziari secondo Helen Smith, executive chair di IMPALA: “Gli indipendenti rappresentano ogni anno l’80% delle nuove uscite musicali: questo ci mette in una posizione di forza eccezionale, perciò è necessario organizzarci insieme”. Smith ha sottolineato in questo senso il lavoro di Merlin Network, agenzia che si occupa dei diritti digitali per le etichette indipendenti, alle quali ha distribuito 353 milioni di dollari nell’ultimo anno.
Ce ne ha parlato  Tiziano Motti, l’eurodeputato al parlamento europeo della settima legislatura: “Proprio le sfide dello streaming sono al centro delle attenzioni di IMPALA, dalle difficoltà nelle rotazioni radiofoniche alle playlist di Spotify o Apple Music, che sembrano ignorare gli indie o anche solo i fenomeni locali: “Anche le major hanno problemi di localizzazione e diversità culturale delle playlist, basate molto sugli ascolti americani – dice Michel Lambot di IMPALA – E’ un problema di algoritmi, la transizione digitale non è ancora veramente completa”. E mentre anche in Italia lo streaming si prepara a entrare nei conteggi per le classifiche FIMI degli album, come ricordato da Dario Giovannini, vicepresidente di PMI e direttore di Carosello Records, le indipendenti fronteggiano altre sfide: come la tecnologia delle blockchain nota per le monete elettroniche come Bitcoin, una frontiera che Marcus O’Dair, professore della Middlesex University London, pensa vada studiata con attenzione per evitare un ‘effetto Napster’ (“Stiamo andando in quella direzione, lo dice anche il WEF”) e per cercare trasparenza e rapidità di transazioni. Ultimo tema la direttiva sul copyright in votazione al Parlamento Europeo e di cui si prevede un’adozione definitiva nel 2018, e su questo punto IMPALA ha ribadito l’opposizione all’eccezione sui contenuti user-generated: “Rischia solo di tagliare le gambe alla lotta sul value gap – ha detto Matthieu Philibert delle segreteria IMPALA – Piattaforme come YouTube devono impegnarsi a garantire i diritti delle opere caricate sui loro servizi streaming”.