Non solo gli “zero virgola” e la loro rigidità per quanto riguarda i conti dello Stato, sono oggetto di contrasto con l’Unione europea; secondo il presidente di Cia – Agricoltori Italiani di Reggio Emilia Antenore Cervi, peraltro convinto europeista, ci sono normative decise a Bruxelles che devono essere applicate su tutto il territorio comunitario in modo uniforme, che rischiano di mettere in mora tradizioni secolari ed omologare le produzioni riducendone gli aspetti di tipicità.

Lo spunto per una riflessione viene dalla normativa sui nitrati, e dall’esperienza che in materia si sta facendo quest’inverno. Il dato di partenza è che la normativa europea, peraltro recepita pedissequamente dalla nostra Regione ed applicata da Arpae, prevede il divieto di spandimento dei reflui di allevamento (liquami e letami, quindi concimi naturali) per un periodo di tre mesi. Doveva essere dal primo novembre scorso fino a fine gennaio, ma siccome c’erano state intense precipitazioni appena prima della data d’inizio, cosa che impediva di andare in campo con i mezzi agricoli, il periodo di divieto è slittato di qualche giorno, dal 9 novembre al 9 febbraio.

Il caso (nel senso degli andamenti meteorologici) ha voluto che in questo periodo non ci siano state praticamente precipitazioni di nessun tipo nel nostro territorio di pianura, nonostante ciò solo con molta insistenza da parte nostra ed a fatica si sono ottenute due deroghe al divieto, per consentire di spandere sui terreni perfettamente asciutti (anche troppo), ma solo nelle zone definite “non vulnerabili ai nitrati”. Una situazione che ragionevolmente esclude ci siano rischi di percolazione nelle falde o di ruscellamento verso i corsi d’acqua, che sarebbero i fossi, del tutto vuoti.

La pratica agronomica tradizionale nella nostra realtà, in particolare per quanto riguarda i prati stabili, prevede però da sempre la concimazione fatta in periodo invernale, per dare al terreno il nutrimento che consentirà all’erba di crescere al meglio, una volta che avviene la ripresa vegetativa. E’ evidente che il divieto invernale di spandimento stride fortemente con questa pratica tradizionale, anzi la impedisce, cosa che rende i nostri agricoltori insofferenti. Eppure, è con queste pratiche agronomiche che si è costituita una filiera produttiva che porta ad un prodotto di assoluta eccellenza come il Parmigiano-Reggiano.

Questo però per la burocrazia non conta nulla, conta il rispetto delle normative, ma se al 9 febbraio o appena prima dovessero tornare (finalmente) le precipitazioni, in che situazione ci verremmo a trovare? Necessariamente dovremmo continuare a soprassedere agli spandimenti, e gli agricoltori che si trovano nelle zone “vulnerabili”, che per noi sono tutta l’alta pianura, compresa la zona di nascita del Parmigiano Reggiano, di nuovo non potrebbero concimare, il che li potrebbe indurre in seguito a ricorrere a concimi chimici.

Siamo legati a dei vincoli, perciò, che diventano illogici in una situazione meteorologica come quest’inverno, il tempo non conosce le direttive europee!

Una tradizione plurisecolare, non può essere incatenata da regole rigide e che appaiono assurde a chi è abituato ad attuare determinate pratiche agronomiche: la tradizione agricola non può piegarsi alla burocrazia, deve essere quest’ultima a divenire più elastica.

Come Cia, insieme alle Istituzioni locali ed alla Regione, siamo disponibili a lavorare perché tradizioni e buone pratiche prevalgano sulle imposizioni burocratiche, concedendo maggiore elasticità nell’applicare norme che necessariamente dovrebbero essere più attente alle pratiche agronomiche ed all’andamento meteorologico.