I gravi infortuni sul lavoro successi nel mese di agosto, oltre a quelli di minor conseguenze che quotidianamente capitano nei luoghi di lavoro, pare
siano un tributo necessario da pagare al progresso.
Sono anni ormai, infatti, che dopo ogni infortunio grave, sindacati e istituzioni lanciano appelli alla legalità, a maggiori controlli, alla necessità di istituire Commissioni parlamentari, ecc… eppure il numero degli eventi gravi o fatali non accenna mai a diminuire sostanzialmente. E nemmeno quello degli infortuni con esiti meno gravi.

Ricordiamo che gli incidenti sono complessivamente 25.000 ogni anno in provincia di Modena. All’epoca dell’entrata in vigore della legge su salute e sicurezza sul lavoro (D.lgs. 626/94), ormai una decina di anni fa, si registrò un calo degno di nota degli eventi infortunistici, ma poi, anche questa norma si è prestata ad essere rispettata più con adempimenti burocratici che con
interventi di miglioramento concreto. La china degli eventi infortunistici è presto risalita.
Non parliamo poi delle malattie professionali che inabilitano il lavoratore per il resto della propria vita e che spesso non vengono riconosciute come
tali, ma come una comune patologia.

Il problema deve essere affrontato da un punto di vista diverso. E’ necessario che al lavoratore arrivino le informazioni e la formazione
necessarie a consentirgli di potere rifiutare un lavoro giudicato a rischio o nocivo: sono gli organi e i soggetti preposti (Inail, Asl e le stesse
aziende) con funzioni tra loro diverse a cui spetta questo compito. Il sindacato a sua volta deve saper coinvolgere i lavoratori nell’aumentare
convinzione e consapevolezza per affrontare la difesa e la tutela della salute nei luoghi di lavoro come diritto principale della persona.
Sapendo che, se non vengono forniti i necessari sistemi di protezione – come ad esempio, caschi, imbragature, calzature antinfortunistiche – il
lavoratore ha il diritto di non rendere la prestazione lavorativa senza alcun rischio di essere licenziato, facendosi assistere dal sindacato
nell’esercizio di questo diritto.

I danni indiretti e meno evidenti delle varie forme di lavoro temporaneo e precario, e di appalti fuori controllo, hanno un impatto particolare proprio sulle condizioni di sicurezza del lavoratore.
Perché il primo lavoratore temporaneo che si rifiuterà di compiere lavori a rischio senza imbragatura sarà sicuramente il primo a cui non verrà rinnovato il contratto.
Il primo lavoratore che accuserà i sintomi di una possibile malattia professionale o che, ancora peggio, la denuncerà all’INAIL sarà il secondo
a cui non verrà rinnovato il contratto. In questo quadro di lavoro sempre più precario, le persone per mantenersi il lavoro dovranno rinunciare a far valere i propri diritti.

Alcune misure sulla sicurezza assunte nel Decreto Bersani vanno nella direzione auspicata dal sindacato di ricondurre la responsabilità alle
aziende committenti, siamo solo all’inizio però di un lungo cammino che ancora una volta prima di tutto deve vedere le aziende assumere in pieno
questa responsabilità e investire le necessarie risorse, sia nelle misure di prevenzione che nella informazione/formazione dei lavoratori.
Ci aspettiamo che il Governo continui con più incisività nel mettere in campo misure adeguate che siano deterrenti e di stimolo.

Segreteria CGIL Modena