Fra le iniziative del 15° Congresso provinciale della Cgil di Modena, è in programma la tavola rotonda “Qualità dello sviluppo. Qualità del lavoro a Modena”. L’appuntamento è per questo pomeriggio alle ore 16 (Fiera – padiglione C).


Sono chiamati a discutere del tema Emilio Sabattini presidente della Provincia di Modena e Giorgio Pighi sindaco di Modena, Mario Valerio Guerzoni direttore di Confindustria, Maurizio Torreggiani direttore di Cna, Roberto Vezzelli presidente Lega Coop, Danilo Barbi segretario generale Cgil Emilia-Romagna e Donato Pivanti segretario generale CGIL Modena. Conduce il dibattito Dario Guidi direttore del mensile Consumatori.

Per la Cgil affrontare il tema della qualità dello sviluppo a Modena significa partire dal dato che la nostra provincia cresce in media di 8/9.000 cittadini all’anno. Una crescita certamente significativa che non solo pone il problema di consolidare, innovare ed espandere il sistema di welfare, l’accoglienza e i servizi alle persone, ma anche di programmare il territorio tenendo conto che è geograficamente finito e che non è realistico continuare a prevedere nei bilanci comunali insediamenti crescenti di popolazioni e attività produttive.

La Cgil porta poi all’attenzione degli ospiti della tavola rotonda la preoccupazione per la tendenza in atto all’abbassamento della qualità del mercato del lavoro e i problemi di tenuta delle piccole e medie imprese del nostro tessuto economico-produttivo.

Sono noti i dati sulla tendenza alla precarizzazione del lavoro: nei primi 6 mesi del 2005 il 72,6% delle nuove assunzioni sono forme di lavoro atipico e a tempo determinato, contro il 27,4% delle assunzioni a tempo indeterminato. Crescono il lavoro “povero” a basso contenuto professionale, e il ricorso a forme illegali di avviamento al lavoro, con lavoratori non tutelati e sottopagati, da parte di pseudo-cooperative e agenzie private prive di autorizzazione che mascherano la somministrazione di manodopera con fittizi contratti di appalto di servizi.

La bassa qualità del lavoro concorre a mantenere debole il sistema produttivo modenese: occorre dunque rimettere al centro il nesso tra sviluppo e qualità del lavoro, puntando sul lavoro stabile, l’adeguamento delle retribuzioni, la formazione e riqualificazione professionale finalizzata al ricollocamento, l’adeguato finanziamento degli ammortizzatori sociali.

La competizione sui costi che si allarga fra le piccole-medie imprese modenesi ha origine dalla difficoltà a mantenere sia l’attività esistente che a programmare gli investimenti, non ultimo per la forte dipendenza dalle aziende committenti. Oggi è difficile sostenere che “piccolo è bello”, bisogna invece andare nella direzione dell’aggregazione delle imprese, della loro concentrazione e capitalizzazione per favorire ricerca e innovazione, sviluppo sostenibile, finalizzando a questi obiettivi gli stessi incentivi pubblici.
Anche i processi di internazionalizzazione delle nostre imprese, a cominciare da quelle ceramiche, non sono adeguati. La Cgil non è contraria all’espansione in altri mercati, ma a patto che ciò avvenga senza indebolire le imprese locali, mettendo dunque in campo strategie che coniughino la presenza nei mercati di sbocco con rivestimenti industriali nella nostra provincia verso nuove attività, la ricerca e l’innovazione tecnologica.

Preoccupante è anche la tendenza alla finanziarizzazione e terziarizzazione delle nostre imprese che si separano sempre più dal territorio, vendono quote societarie e reinvestono le risorse non in capitali di rischio e nella produzione, ma in attività speculative, immobiliari o di servizi. Da qui il richiamo alla responsabilità sociale dell’impresa e all’importanza di mantenere un tessuto produttivo come base reale della ricchezza del territorio.
Accanto a settori ancora forti come il metalmeccanico che sta reagendo bene alle sfide della competizione internazionale, emergono preoccupazioni per la tenuta del biomedicale e del settore ceramico, mentre si stanno drasticamente riducendo il tessile a Carpi e l’agroalimentare nella Bassa Modenese. Bisogna dunque difendere le produzioni strategiche e di qualità, favorire la riqualificazione dell’apparato produttivo e la ricollocazione dei lavoratori, rilanciare la programmazione selettiva del territorio e anche il ruolo delle cooperative di produzione e lavoro.