Non è possibile applicare ad un defunto, soprattutto diverse ore dopo il decesso, le metodiche di indagine normalmente utilizzate per le persone malate, per identificare con rapidità agenti biologici responsabili di infezioni e malattie.

La verifica, quindi, sulle reali cause del decesso richiederà tecnicamente tempi più lunghi.
Come è noto, la prima ipotesi formulata è stata di meningite e, di conseguenza, i servizi di prevenzione dell’Azienda USL, a scopo precauzionale, hanno messo in atto le misure di indagine e di intervento, come se si trattasse di meningite meningococcica.
Occorre precisare a questo punto che il contagio della meningite batterica avviene per contatto diretto fra persone, attraverso le goccioline nasali e faringee emesse dalle persone infette (viventi) con la respirazione, la tosse e gli starnuti.
Il batterio della meningite (Neisseria meningitidis) non sopravvive facilmente nell’ambiente, inoltre è particolarmente sensibile al freddo. Per questi motivi, tutti coloro che sono venuti a contatto con il cadavere, esplicando le normali funzioni di loro competenza, non hanno corso alcun rischio di contagio e non necessitano di particolari provvedimenti.


Sono, invece, in corso in queste ore le ricerche per appurare se altre persone siano state o meno in contatto con il defunto negli ultimi giorni della sua vita. Questo per verificare, nel caso, l’opportunità di proporre loro una profilassi antibiotica.
Eventuali persone entrate in contatto con il tunisino deceduto o che hanno convissuto con lui recentemente sono invitate a contattare il Servizio Igiene Pubblica dell’Azienda USL: Tel. 059. 435100