E’ stata condannata a 8 anni e
10 giorni Slavica Jovanovic, la nomade ventottenne della ex Jugoslavia, che il 7 agosto 2004 uccise il marito dopo una violenta lite davanti alla roulotte in cui la coppia viveva in un campo nomadi di via del Sostegno alla periferia di Bologna.

Il giudice Grazia Nart ha sostanzialmente accolto la richiesta del pm Flavio Lazzarini con l’unica differenza, come chiesto dalla difesa della donna, rappresentata dall’avvocato Anna Agosti, che una parte della pena, almeno un anno, trascorrera’ in una casa di cura.



La pena e’ ridotta perche’ tiene conto sia della seminfermita’ mentale della donna accertata dai periti sia della richiesta del rito abbreviato. Durante la sua requisitoria, il pm non ha fatto propria una delle due aggravanti contestate nell’imputazione, ossia quella di ”aver ucciso con crudelta”’, mentre quella di ”aver ucciso il coniuge” e’ stata giudicata inferiore rispetto alle attenuani generiche concesse dall’accusa. Entrambe le aggravanti sono comunque state fatte cadere dal gup. La riduzione di pena non accontenterebbe invece l’avvocato della donna, Anna Agosti, che punta a ottenere, in alternativa alla reclusione, il ricovero in una casa di cura e di custodia che preveda, dopo qualche anno, un esame per la concessione della liberta’ vigilata. Il legale ha infatti sottolineato le conclusioni delle consulenze psichiatriche: la donna e’ gravemente malata e necessita di cure, ma non e’ pericolosa. La donna, assistita da un’interprete, era presente in aula, insieme alla madre e al patrigno della vittima, che l’hanno insultata. Per la sentenza del Gup Grazia Nart bisognera’ attendere il prossimo 21 settembre.


Slavica Jovanovic venne arrestata la sera del 7 agosto 2004 per aver ucciso il marito Ilia di 34 anni. L’episodio avvenne nella periferia bolognese dove i coniugi vivevano. Intorno alle 20, dopo l’ennesimo litigio tra i due, la donna aggredi’ alle spalle il coniuge che nonostante fosse grande e grosso non ebbe modo di difendersi perche’ ubriaco. Come accertato dall’autopsia disposta dall’allora magistrato Lucia Musti, che poi ha passato il caso al collega Lazzarini, Slavica inferse all’uomo un colpo mortale alla gola con un grosso coltello da cucina. Poi, per sfogare la rabbia accumulata negli anni, o forse per essere sicura che non ne uscisse vivo, continuo’ a colpirlo con delle pietre.



Il racconto dell’uxoricida apparve subito confuso sia nelle prime dichiarazioni rilasciate agli inquirenti (in cui faceva riferimento a presunti abusi del marito sulla figlia che abita nella ex Jugoslavia), sia nell’udienza di convalida davanti al gip. Di qui la decisione della pm di predisporre una perizia psichiatrica anche in considerazione del fatto che entrambi i coniugi erano stati seguiti in passato da una casa di cura di Imola specializzata nel trattamento dei problemi psichiatrici.