Menomazione dell’integrità psico-fisica dovuta a forte stress lavorativo: in una parola, mobbing.
Un’ex dipendente delle Poste Italiane di Modena è stata risarcita dall’Inail, che le ha riconosciuto il danno biologico per l’inabilità temporanea assoluta al lavoro.

«È la prima volta che succede nella nostra provincia ed è uno dei primi casi di mobbing ufficialmente accertati come tali in Italia», dichiara Domenico Pacchioni, componente della segreteria provinciale della Cisl. La notizia è stata rivelata da Nicola Sammartino, segretario provinciale del sindacato Fps-Cisl, durante il seminario sul mobbing nel pubblico impiego, organizzato oggi dalle Consigliere di parità della Provincia di Modena.
La protagonista, suo malgrado, della vicenda ha autorizzato la Cisl a raccontare la sua storia solo dietro garanzia dell’anonimato e in segno di riconoscenza verso l’Inas, il patronato della Cisl che ha curato la sua pratica. La donna, che ha 64 anni e abita in un Comune della provincia, entra alle Poste nel 1961 come impiegata.
Nel 1984 vince il concorso da direttore di primo livello e va a dirigere un “ufficio postale di rilevante entità”, situato in un importante Comune della provincia.

È una delle poche donne in Italia a essere direttrice di un ufficio postale. Apprezzata dai colleghi e stimata dai superiori, si comporta sempre in modo impeccabile: mai un ammanco di cassa, un errore, una contestazione. All’inizio del 2001 la direzione provinciale delle Poste le chiede di andare in pensione. La donna, che all’epoca non ha ancora 60 anni e potrebbe restare in servizio fino ai 65 anni di età, chiede di restare al lavoro fino al compimento dei 40 anni di servizio, che cadono a luglio 2001. Da quel momento cominciano i suoi guai. Le pressioni e gli inviti a lasciare il lavoro, le telefonate anche minacciose si fanno insistenti; iniziano le ispezioni nell’ufficio, le vessazioni. Il 29 maggio 2001 riceve un telegramma con cui Poste Italiane dispone il trasferimento, per il giorno dopo, presso un altro ufficio postale “a latere del direttore”.

È un declassamento deciso in spregio a ogni norma contrattuale, ma che soprattutto ferisce la donna nella sua dignità.
Per la direttrice, che in oltre 39 anni di servizio ha accumulato appena 17 giorni di assenza per malattia, il contraccolpo psicologico è micidiale. Inizia ad accusare ansie, disturbi del sonno e dell’appetito, angosce, disturbi cardiocircolatori, attacchi di panico. Non ha più il coraggio di uscire di casa, non riesce a guidare l’auto; la depressione influisce pesantemente sulla sua vita familiare e sociale. Entra in malattia ed è costretta a sottoporsi a pesanti trattamenti farmacologici. Non è più in grado di tornare al lavoro.

Il 20 giugno 2002 le Poste la licenziano. Su consiglio del sindacato dei postali Slp-Cisl, la donna si rivolge allora al patronato Inas. «Dimostrare il mobbing è molto difficile, ma in questo caso ci siamo riusciti – racconta il responsabile modenese dell’Inas Cristiano Marini – I medici dell’Inail hanno diagnosticato alla signora un disturbo post-traumatico da stress severo e le hanno riconosciuto un’indennità, come nel caso degli infortuni e delle malattie professionali. La sua invalidità è del 12 per cento, e come tale prevede l’indennizzo solo del danno biologico, ma abbiamo presentato ricorso per ottenere un grado più alto».
L’ex direttrice, che è in pensione, ha già vinto una prima causa presso il Pretore del Lavoro.

«Purtroppo casi come questi non sono infrequenti nel pubblico impiego – ha detto il segretario provinciale della Fps-Cisl Nicola Sammartino al seminario della Provincia sul mobbing – Noi sindacati siamo impegnati a contrastare il fenomeno in tutte le sedi ed esortiamo i lavoratori a denunciare i comportamenti vessatori ai loro danni, senza lasciarsi intimorire o temere per eventuali rappresaglie. Anche le pubbliche amministrazioni, però, devono vigilare per prevenire – ha concluso Sammartino – ogni forma di violenza morale o psichica sui dipendenti».