Solo 140 mila nel 1970, oltre un milione nel 1997, quasi 3 milioni nel 2005: in 35 anni, la presenza di stranieri in Italia è aumentata di 30 volte. Sei su 10 vivono al Nord (il 30% al Centro, il 10% al Sud), prevalgono i coniugati, uno su 5 è minore.

E’ il quadro delineato dal Dossier Immigrazione 2005 della Caritas, che sarà diffuso ad ottobre e di cui è stata fornita una anticipazione.
L’incidenza degli immigrati sulla popolazione è ormai vicina alla media europea (5%), anche se ancora lontana dal 9% di Austria e Germania. Una presenza che – sottolinea la Caritas – da marginale è divenuta sempre più rilevante nella società italiana e che perciò richiede con forza una normativa più organica, per non restare ”a metà del guado’.

Il dossier, che dedica un intero capitolo alla storia dell’immigrazione in Italia, sottolinea come da Paese di emigrazione con circa 28 milioni di espatri a partire dall’unità d’Italia – siamo passati ad assistere con indifferenza e curiosità ai primi flussi di immigrazione (negli anni ’70 e ’80), per attraversare poi il periodo dell’emergenza (tra la fine degli anni ’80 e la fine degli anni ’90) e arrivare a quello che si può definire ‘il periodo dell’organicità limitata e contrastatà (dalla legge Turco-Napolitano del 1998, all’attuale legge Bossi-Fini).