Le discriminazioni nei luoghi di lavoro non sono una novità, perché dunque una ricerca per conoscerle?
Perché anche le discriminazioni cambiano con il mutare delle condizioni di lavoro e della composizione sociale degli stessi lavoratori.
Cambiano anche le legislazioni e i contratti di lavoro introducendo strumenti ulteriori per combattere le discriminazioni, strumenti però poco conosciuti proprio da coloro che le subiscono.


E’ il caso delle Direttive della Commissione Europea nn. 43 e 78 del 2000 che affermano il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente da razza e origine etnica, e proibiscono le discriminazioni sulla base della religione e delle convinzioni personali, delle disabilità, dell’età e dell’orientamento sessuale nel settore dell’occupazione e della formazione.
Queste direttive recepite nel luglio 2003 (DL 215-216) dalla legislazione italiana sono emerse anche nel questionario come del tutto sconosciute nei luoghi di lavoro.

Per affermare e difendere la piena eguaglianza dei diritti di tutte le persone, la CGIL ha recentemente dato vita all’Ufficio Nuovi Diritti, promotore insieme ad Arcigay di questa ricerca che si inserisce nelle attività realizzate in Italia nell’ambito di QUBA , un progetto trasnazionale di professionalizzazione finanziato dal Programma d’Azione Comunitario di Lotta alle Discriminazioni 2001-2006.

La ricerca mira, da un lato, a rilevare il grado di percezione e consapevolezza da parte di funzionari e delegati della CGIL nella provincia di Modena del fenomeno discriminatorio all’interno dei luoghi di lavoro, e, dall’altro lato, a misurare la loro conoscenza degli strumenti per contrastare le discriminazioni.
I risultati di tale indagine possono fornire indicazioni utili per programmare interventi tesi a sostenere e implementare l’azione della CGIL nella lotta alla discriminazione ed individuare un piano formativo che soddisfi le reali esigenze dei delegati e dei funzionari.

Attraverso un questionario distribuito ad un campione di 237 fra delegati sindacali e funzionari della CGIL di Modena con una composizione che ne rispecchia esattamente la presenza sul territorio e nelle categorie, sono state monitorate le conoscenze degli intervistati in tema di anti-discriminazione e le loro opinioni sulle discriminazioni nell’ambiente di lavoro.

Raffaele Lelleri e Laura Pozzoli, coordinatore e ricercatrice, hanno elaborato ed analizzato i questionari evidenziando le differenziazioni di percezione fra i diversi soggetti che compongono il campione.

Riportiamo una sintesi delle risposte più significative.

Alla domanda “Cos’è una discriminazione?” il 39,4% degli intervistati ha risposto “trattamento meno favorevole”, il 29,9% “disposizione apparentemente neutrale”, il 35,1% “comportamento offensivo”, l’1,3% ha risposto “altro”. Le definizioni sono quelle della Direttiva Europea citata in premessa, ed emerge da parte degli intervistati una buona conoscenza del fenomeno e delle diverse tipologie delle discriminazioni.

Oltre la metà degli intervistati (58,1%) segnala i lavoratori stranieri evidenziando che “la sotto-occupazione o l’occupazione in attività di qualità più bassa rispetto alla preparazione posseduta dai singoli, sembra colpire in modo particolare i lavoratori immigrati”. Si sottolinea inoltre “l’elevata difficoltà da parte dei lavoratori di origine straniera nell’avanzamento di carriera” e come “la condizione delle donne straniere relativamente all’inquadramento professionale sia ancora peggiore rispetto a quella degli uomini”.
Per gli intervistati le donne seguono nella classifica delle discriminazioni con il 40,7% delle risposte, che è la media tra il 48,3% delle risposte delle donne e il 36,3% delle risposte degli uomini che hanno compilato il questionario.
Fra le motivazioni della discriminazione femminile vengono segnalati il fenomeno del “glass-ceiling”, cioè il “soffitto di vetro” che ostacola i percorsi di carriera delle donne; la “scarsa valorizzazione delle capacità e delle competenze delle donne”; “la difficoltà di conciliazione tra vita privata e professionale (ineguatezza degli orari, scarsa considerazione dei problemi delle donne per la partecipazione ad attività formative o di aggiornamento)”; la “disparità nella retribuzione”.

Forte preoccupazione è mostrata anche nei confronti dei lavoratori con particolari condizioni di salute, indicati dal 30,1% degli intervistati, coerentemente con l’impegno del sindacato nell’affrontare le questioni inerenti i congedi e i rientri da periodi di malattia.
Fra le prime quattro cause di discriminazione è poi incluso l’orientamento sessuale (23,3%), segno dell’importante cambiamento di mentalità delle persone rispetto al passato.

Da segnalare che il 19,5% di risposte sui giovani, che a parere degli intervistati sono maggiormente discriminati in quanto lavoratori atipici, condizione che, pur non essendo citata nel questionario, è spesso segnalata nella risposta aperta. A parere degli intervistati, i giovani atipici sono soggetti deboli e/o a rischio di discriminazione e considerati più ricattabili e meno tutelati. Nelle risposte aperte è infine spesso menzionato il “mobbing” nei confronti dei soggetti più deboli o delle persone appartenenti a gruppi a rischio di discriminazione.

Le discriminazioni sembrano verificarsi sia a livello orizzontale che a livello verticale: colleghi e superiori sono infatti considerati in uguale misura i principali autori di discriminazioni.

Questi dati sono sostanzialmente confermati dalle risposte alle domande aperte, nelle quali gli intervistati segnalano, da un lato, i colleghi come autori di offese e vessazioni verso i lavoratori più deboli o verso gli immigrati, e, dall’altro lato, i superiori come responsabili del demansionamento di persone appartenenti ad alcuni gruppi particolari, dell’assegnazione di incarichi eccessivamente gravosi e di turni di lavoro insostenibili, dell’opposizione alla concessione di congedi e permessi.

La percezione della presenza di discriminazione nel proprio luogo di lavoro è alta. Il 61,1% degli intervistati percepisce alcuni casi di discriminazione, e il 27,4% ne percepisce molti. Ciononostante, è molto inferiore la loro segnalazione. Alla domanda “Le discriminazioni vengono denunciate?” il 58,5% risponde “talvolta” e il 34% risponde “mai” e solo il 6,5% risponde “spesso” e l’1% “sempre”.

Giudizio “abbastanza” positivo sull’azione del sindacato. Il 57,5% degli intervistati ha risposto che la CGIL “si sta occupando abbastanza di lotta alle discriminazioni”, e il 13,2% “molto”, il 27,4% “poco”, e solo l’1,9% ha risposto “per niente”.
Giudizio molto meno positivo sull’attenzione dell’azienda alla legislazione contro la discriminazione: il 78% ha risposto che “le leggi vengono poco o per niente rispettate dalle aziende” contro il 22% che sostiene il rispetto normativo da parte aziendale.

Dalla ricerca emerge che i funzionari e i delegati CGIL di Modena hanno una buona base di consapevolezza del fenomeno della discriminazione nelle sue diverse accezioni, realtà, soggetti. Sono convinti che il ruolo della CGIL nelle azioni di contrasto alle discriminazioni sia essenziale e debba essere intensificato attraverso un maggiore impegno e l’accrescimento della conoscenza degli strumenti di prevenzione e di contrasto delle discriminazioni.

I dati di questa indagine sono stati presentati oggi nel corso del convegno “Discriminazioni: una finestra sul lavoro”.