Oltre 500 mila studenti, 65 mila
persone che vi lavorano (di cui 50 mila docenti comprendendo
anche quelli della scuola non statale), 3300 edifici scolastici
(dalle materne alle superiori). Sono i numeri che danno sostanza
al sistema scolastico dell’Emilia-Romagna che vanta uno dei
tassi più bassi di dispersione (10% contro il 30% della media
nazionale), che porta al diploma l’80% degli allievi (75% nei
tempi regolari, il 25% in ritardo) e dove il tasso delle
ripetenze nei quattro anni delle superiori è del 5,64% con una
percentuale doppia dei maschi (7,52%) sulle femmine (3,69%).

A confermare il fatto che i maschi sono più ‘somari’ delle
femmine c’é il numero delle ragazze in regola che frequentano i
licei (92%) mentre solo il 46% dei maschi che frequentano un
istituto professionale lo sono. La fotografia del sistema
scolastico dell’Emilia-Romagna è contenuto nel 2/o rapporto
regionale presentato in un convegno a “Docet” e poi alla
stampa dalla direttrice dell’Ufficio Scolastico Regionale (Usc)
Lucrezia Stellacci. 368 pagine, molto ricche di dati, tabelle,
confronti con altre realtà che – come ha sottolineato Stellacci
– danno nel complesso un quadro positivo della scuola, anche se
– ha insistito Stellaci – si può e si deve migliorare sul piano
della qualità dell’offerta formativa in sintonia con lo spirito
della Riforma che sta arrivando (il titolo del Rapporto è: una
scuola in… attesa.)

Sicuramente positivo è il giudizio sull’applicazione
dell’autonomia, nata nel 1997, che mostra una scuola pronta a
rispondere alle vocazioni del territorio ed alle istanze degli
studenti utilizzando in oltre il 60% degli istituti il 15% del
monte orario demandato a studiare particolari discipline. “Una
scuola dunque – ha detto Stellacci – che privilegia la
dimensione integrata e non l’autoreferenzialità e
l’isolamento”.


Altra caratteristica della scuola, ormai conosciuta, è
l’alto tasso di studenti immigrati. Sono passati dal 4% del 2001
ad oltre il 6% del 2003, ma con percentuali raddoppiate
nell’infanzia e nelle elementari dove in alcuni casi si arriva
all’8-9%. Alto anche il numero dei disabili che sfiorano il 2%
contro l’1,6% della media nazionale. Tutte situazioni che
rendono più complessa e articolata la risposta che deve dare la
scuola e di fronte alle quali ci si scontra con il problema
delle risorse. Infatti la scuola in Emilia-Romagna finisce per
costare meno che altrove. Nel 2003 il bilancio dell’Ufficio
Scolastico Regionale è stato di circa 2 miliardi e 200 milioni
di euro, pari al 5,39% (del bilancio complessivo del Miur), il
94,7% impegnato per pagare il personale. “Nell’anno passato –
ha rilevato ancora Stellacci – la spesa, nonostante quello che
si è detto, è cresciuta del 3,35% per l’Emilia Romagna (circa
69 mln)”. Resta però il fatto che la spesa media nazionale per
studente è di 5651 euro contro i 5171 per ogni studente della
regione. “Colpa” dei criteri di distribuzione che penalizzano
l’Emilia Romagna, ha osservato ancora la direttrice dell’Usr. A
compensare i minori trasferimenti dello stato provvedono gli
enti locali la cui spesa – ha rilevato ancora il rapporto – è
superiore a quella della media nazionale (6% della spesa
complessiva).

Spulciando fra le varie sezioni del rapporto emergono altri
elementi che caratterizzano l’Emilia-Romagna rispetto
all’insieme del Paese. In regione il 40% della scuola elementare
é a tempo pieno contro il 25% dell’Italia, ci sono 24 mila
computer pari ad un rapporto di uno ogni otto studenti (ma il
dato è in rapida crescita), mentre c’é un laboratorio ogni due
aule e gli edifici sono largamente a norma. Inoltre l’offerta di
istruzione è più variegata con un terzo delle scuole che ha
rapporti o progetti di scambio con il resto dell’Europa.


Infine un dato sulle capacità professionali degli insegnanti
in base alle risposte fornite da un campione di circa 4000
intervistati fra i 14 ed i 64 anni. Ebbene la percentuale di
risposte positive è più alta per i maestri (79.7%) e per gli
insegnanti delle media inferiore (72,5%) che si collocano in
buona posizione nelle graduatoria nazionale. Meno bene invece
per i docenti delle superiori che con il 66% di risposte
positive sono terz’ultimi in Italia. L’indagine è datata 2000,
ma secondo i curatori del Rapporto il risultato oggi non
cambierebbe di molto. Se poi si guarda il dato scomposto per le
province della Regione, è quella di Piacenza ad ottenere le
percentuali più alte in tutti e tre gli ordini di scuola.