Luci e ombre sulla propensione alla ricerca e lo sviluppo dell’Emilia Romagna. A stabilirlo è un rapporto realizzato da Confindustria e che alza il sipario su pregi e difetti della ricerca e lo sviluppo industriale della regione.

Lo studio, effettuato su un campione di 900 aziende, fissa anzitutto un dato chiaro: l’80,4% delle imprese ‘campionate’ ha effettuato investimenti su ricerca e sviluppo nel 2002, percentuale che scende al 78,7% rispetto al 2003.

Su scala nazionale, sebbene resti la Lombardia (21%) in testa alla classifica per progetti di ricerca, seguita dal Lazio (11,5%), l’Emilia Romagna si piazza al quinto posto, subito dietro Piemonte e Toscana, vantando un 8,8% sul totale dei progetti finanziati.

I settori più sensibili alla specializzazione restano quelli delle macchine, della chimica e dell’informatica, che insieme compongono circa un terzo del totale delle domande. Significativa la cifra fatta registrare dal settore delle costruzioni(30), alimentare (29), manufatturiero (27), impiantistico (21) e delle telecomunicazioni (20). Energia e ambiente sono ancora nelle retrovie (15), l’agricoltura (5) è quartultima.

A certificare l’appartenenza della regione al gruppo leader nel settore relativo alla ricerca e allo sviluppo giungono una serie di indicatori che rivelano come l’Emilia vanti una percentuale di laureati tecnici scientifici superiore alla media nazionale, ma ancora arranca sul fronte del dato percentuale relativo al rapporto tra pil regionale ed investimenti su ricerca e sviluppo, ancora fermo all’1 per cento, dato lontano dalle previsioni messe nero su bianco a Lisbona che richiedono il 3%.

Secondo l’analisi di Confindustria tuttavia, l’Emilia denuncia ritardi se paragonata alle ‘colleghe’ europee su alcune variabili chiave. Un’analisi a luci e ombre che lasciano intravedere potenzialità. Alta la richiesta di brevetti, ma carente la spesa per la ricerca, che come anticipato si attesta su un 1% considerato scarso. In ritardo la spesa privata (0,5%) rispetto a quella europea, che segna una media del 1,3%. Un dato che potrebbe risentire, secondo il dossier Confindustria, dell’inesistenza di legislazioni premiali per le aziende che iscrivono a bilancio spese in ricerca.