Un morto l’ora per 365 giorni l’anno,
senza eccezione di sorta: nonostante auto più sicure e airbag a
più non posso, misure di prevenzione sempre più rigorose, la
carneficina su strade e autostrade italiane non conosce sosta.
Una strage in piena regola che comporta ogni anno per lo Stato
un costo sociale pari a 34 milioni di euro, il doppio
dell’ultima manovra finanziaria, il 2,7% dell’intero Pil.

Dati alla mano, la situazione italiana è questa. Certo,
l’introduzione della patente a punti ha portato grossi risultati
e basta guardare i numeri rilevati da polizia e carabinieri
negli ultimi sei mesi per rendersene conto: da quanto è entrata
in vigore il 1 luglio 2003, il numero dei morti è calato del
18% per cento, con le vittime passate da 2.438 del 2002 a 1.990
del 2003. Sceso è anche il numero complessivo degli incidenti
(-19%; 83.246 contro 102.328) e quello dei feriti (-23%; 57.738
contro 74.741) e sono stati tolti complessivamente 429.465
punti. E pero si è ancora ben lontani da un risultato se non
positivo almeno accettabile. Nel 2002, infatti, si sono
verificati 237.812 incidenti con 6.736 morti e 337.878 feriti.
Ogni giorno 18,45 persone sono morte e 935,6 sono rimaste ferite
in 651,5 incidenti. Ogni scontro, in pratica, avviene ogni 2,2
minuti, provocando un morto ogni ora e 18 minuti e un ferito
ogni minuto e mezzo.


Ecco perché l’Aci, in occasione della giornata mondiale
della sicurezza stradale indetta dall’Organizzazione mondiale
della Sanità il prossimo 7 aprile, ha lanciato la campagna ‘7
aprile, io ci provo’. L’obiettivo, “utopico” come lo ha
definito lo stesso presidente Franco Lucchesi, è quello di
riuscire almeno per un giorno a non avere né un morto né un
ferito sulle strade italiane. “Il 7 aprile chiediamo a tutti
gli italiani un’assunzione di responsabilità supplementare
affinché possa essere vinta una sfida di civiltà – ha detto –
Una battaglia che può esser vinta, a condizione che sia
raccolta da tutti e vi sia una mobilitazione senza precedenti”.
Dagli italiani, l’Aci si aspetta una “risposta di altissimo
profilo”. Confidiamo, ha concluso Lucchesi, “sulle grandi
risorse morali di cui gli italiani sanno dare prova di fronte
alle grandi sfide e nei momenti di maggiore difficoltà”.

Se l’Italia sta male, l’Europa e il resto del mondo non se la
passano meglio: un recente rapporto dell’Onu, che per la prima
volta si è occupato di questa materia, evidenzia come gli
incidenti stradali siano ormai diventati un problema globale,
portando ad una vera e propria crisi, che richiede azioni
urgenti sia a livello nazionale che internazionale. Basti
pensare che, se si continua di questo passo, tra 15 anni gli
incidenti stradali saranno la terza causa (ora sono la nona) di
mortalità e invalidità e avranno scavalcato flagelli come
l’Aids e la malaria. Il vecchio continente paga ogni anno con
50mila morti e 150mila invalidi (il prezzo più alto lo
sostengono però i paesi in via di sviluppo, che lasciano
sull’asfalto il 90% della totalità dei morti), mentre in tutto
il mondo le vittime degli incidenti stradali sono un milione e
260mila: come se ogni anno fosse cancellata in un colpo solo una
città come Milano.