Vendere le quote pubbliche di Enel e Eni, destinandone i ricavi a bonus per il rilancio dei consumi, ridistribuire le risorse a favore di pensioni e salari decurtati del 15% in sette anni, bloccare gli aumenti di tariffe e servizi bancari, e portare il tasso di inflazione programmata al 2,7%, cioè in linea con quello reale.


Sono queste le misure della contro-Finanziaria che l’Intesa dei consumatori presenterà il prossimo 16 settembre, in occasione dello sciopero della spesa proclamato contro i continui rincari, testimoniati oggi anche dai dati Eurostat, dai quali risulta che l’Italia ha un’inflazione superiore di un punto a quella di Eurolandia (2,9% contro 1,9%).

Rilanciare i consumi è un obiettivo primario e possibile, ma raggiungibile solo tenendo sotto controllo i prezzi e ”dando più soldi a chi lavora o ha lavorato ed è ora in pensione”, afferma Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef, una delle
associazioni dell’Intesa. La ricetta è semplice: ”proseguire sulla strada delle liberalizzazioni, dismettendo le quote di Enel e Eni in mano dello Stato”.

Il ricavato, che secondo i consumatori si aggirerebbe sui 20 miliardi di euro, dovrebbe poi essere ridistribuito con bonus da 1.000-1.500 euro a favore dei
consumi.

Ma il governo, che finora ha giocato allo ”scarica barile” riversando sempre su altri soggetti la responsabilità degli aumenti dei prezzi, dovrebbe finalmente intervenire anche sui
rincari, insiste Lannutti. Prima di tutto bloccando per un anno le tariffe, comprese quelle di ferrovie e autostrade, e ”controllando la vergogna delle spese bancarie, in continuo aumento anche quest’estate, e alle quali si aggiungerà anche il
pizzo sui moduli contrattuali imposto dalla Banca d’Italia”.

E interventi diretti devono riguardare anche gli alimentari, incriminati tra i primi responsabili del carovita. ”Il ministro
Alemanno dovrebbe mandare i Nas e i vigili perchè fermino la speculazione. Non tutti gli aumenti – continua Lannutti – sono imputabili alla siccità”.